martedì 17 gennaio 2012

Pane sì, meglio se integrale

Il cibo simbolo dell’unità d’Italia? Per almeno metà degli italiani è il pane. Lo dice un’indagine della CIA - Confederazione italiana agricoltori, in cui si rileva anche che il 79 per cento della popolazione lo compra e lo mangia tutti i giorni. Nonostante ciò, di pane se ne consuma sempre meno: si è passati dai circa 230 grammi al giorno pro capite del 1980, agli attuali 120 grammi. Pochi? Sembrerebbe di sì, stando al confronto di questi valori con quelli suggeriti dalle Linee guida per una sana alimentazione dell’Istituto nazionale ricerca alimenti e nutrizione, che prevedono dai 150 a 300 grammi di pane al giorno, per fabbisogni energetici giornalieri dalle 1700 kcal (previste per donne anziane sedentarie) alle 2600 kcal (per adolescenti maschi).

Insomma, più pane per tutti? Dipende, e non solo perché le indicazioni dell’Inran sono da inserire nel contesto della dieta giornaliera e vanno adattate alle situazioni individuali (pensiamo per esempio a chi è sovrappeso), ma anche perché c’è pane e pane. «In un nostro studio, pubblicato dal Journal of Medicinal Food, abbiamo visto che un particolare tipo di pane integrale (fatto con una varietà di grano "antico", tipico della Toscana) determina addirittura una riduzione di fattori di rischio cardiovascolari, come il colesterolo totale e LDL — racconta Francesco Sofi, ricercatore dell’Università di Firenze —. E se il consiglio di mangiare pane di grani "antichi" non è facilissimo da seguire, resta valido quello di preferire il pane integrale, il più salutare per l’alto contenuto di fibra, antiossidanti e vitamine, e per l’indice glicemico più basso rispetto a quello del pane bianco».

Ma c’è un altro aspetto da considerare. In uno studio, condotto in Grecia, uscito sul Journal of Hypertension, si è visto che gli apporti di sodio (associato a ipertensione e malattie cardiovascolari) erano elevati persino nei bambini la cui dieta si avvicinava al sano modello mediterraneo: pure alimenti "salutari" come il pane, infatti, possono contenerne non poco. Commenta Paolo Simonetti, professore di Nutrizione delle collettività al DiSTAM – Università di Milano: «Il pane, con gli altri prodotti da forno, è una delle principali fonti di sodio. È quindi molto positivo l’accordo sottoscritto dai panificatori italiani (attraverso le Associazioni di categoria) con il Ministero della Salute, che ha portato nel 2011 alla riduzione progressiva del sale nel pane. Sta però anche al consumatore preferire i prodotti con meno sodio, come per esempio il tipico pane sciapo toscano». (Carla Favaro)

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