lunedì 19 marzo 2012

Anche il cervello trae beneficio dalla Dieta Med-Italiana

In Spagna e Grecia, ma soprattutto in Italia, se ne sentono spesso decantare le lodi, ma da oggi c’è anche uno studio che lo dimostra: la dieta mediterranea fa bene a fisico, cuore e cervello. Se fatta con criterio, infatti, la dieta potrebbe non incidere solo su salute cardiaca e girovita, ma anche al cervello. In particolare, uno studio spagnolo della clinica ospedaliera dell'Institut d'investigacions Biomèdiques August Pi i Sunyer (Idibaps) di Barcellona, dimostra come nella popolazione di anziani ad alto rischio cardiovascolare, consumare alimenti come olio extravergine, vino rosso, noci, nocciole e caffè possa aiutare a ridurre il rischio di insorgenza di demenza o Alzheimer e a migliorare sia memoria che capacità cognitive. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Alzheimer’s Disease.

Sono i polifenoli contenuti in queste sostanze, spiegano i medici della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg), a far bene al nostro sistema nervoso. Grazie ad essi e alla giusta dieta, spiegano gli esperti, si potrebbero ridurre gli enormi costi correlati all'Alzheimer, che nel nostro Paese riguarda oltre il 3.5% della popolazione con un numero di casi attesi annui  di circa 500mila casi e che hanno un costo annuo di  oltre 30 miliardi di euro fra costi sociali e sanitari.

Lo studio condotto dai ricercatori spagnoli si chiama PREDIMED (PREvencion con DIeta MEDiterranea), ed ha visto un campione di circa 450 uomini e donne fra i 55 e gli 80 anni, tutti ad alto rischio cardiovascolare. Per valutare la possibilità di insorgenza di demenza, il rischio cardiaco e l’associazione con la dieta i medici si sono concentrati nell’analizzare i livelli di espressione della apolipoproteina E, una proteina che trasporta il colesterolo e che spesso si associa a un maggior rischio di Alzheimer. In seguito, gli scienziati hanno osservato quali alimenti venivano prevalentemente consumati dai partecipanti, nonché il livello di polifenoli nelle urine. Tutti questi dati sono infine stati correlati ai risultati ottenuti in alcuni test neuropsicologici di valutazione della memoria e delle capacità cognitive.

E da lì è arrivato il risultato, finalmente ufficiale, che la dieta mediterranea fa bene. “Alcuni cibi sono risultati associati a una migliore funzionalità cognitiva”, ha spiegato Giuseppe Paolisso, presidente Sigg. “Un paio di cucchiai di olio di oliva al giorno migliorano la memoria verbale e quella a lungo termine; due /tre tazzine di caffè al giorno si associano a un incremento della capacità di immagazzinare ricordi nel lungo periodo; un pugno di noci, nocciole o altra frutta secca migliorano la memoria di lavoro, mentre il consumo di una modica quantità di vino rosso al giorno è correlato a punteggi migliori ottenuti nel test chiamato Mini-Mental State Examination, molto attendibile nel determinare il grado di un eventuale deficit cognitivo e la progressione in condizioni di demenza”.

Ecco dunque: gli alimenti che fanno parte della dieta mediterranea, presi singolarmente o insieme, possono ridurre il rischio di andare incontro a deficit cognitivo e Alzheimer.
“Questo in gran parte è dovuto agli effetti antiossidanti dei polifenoli contenuti in olio, caffè, vino e frutta secca”, ha continuato Paolisso. I ricercatori sanno infatti che i processi di ossidazione cellulare giocano un ruolo rilevante nel declino cognitivo correlato all'età: cibi ricchi di antiossidanti possono perciò prevenire o almeno ridurre il deterioramento legato all'invecchiamento. “Il modello alimentare mediterraneo, che prevede un largo consumo di cereali, legumi, frutta e verdura, fornisce grandi quantità di composti antiossidanti e da tempo viene considerato prezioso per ridurre il rischio di deficit cognitivo”, ha detto il medico. “Questi dati indicano che probabilmente, seguendo una corretta dieta mediterranea che preveda un introito giornaliero di circa 1500 calorie nel paziente anziano, potremmo ridurre l'incidenza di declino cognitivo e demenza negli anziani, diminuendo anche le enormi spese che gravano sul Sistema Sanitario per la cura e l'assistenza di questi soggetti”. I pazienti affetti da una patologia neurodegenerativa come l’Alzheimer costano allo stato ogni anno circa 50.000 euro l’uno, per un totale di oltre 30 miliardi di euro spesi annualmente: “Se riuscissimo a prevenire anche una piccola percentuale di casi potremmo realizzare grossi risparmi economici – ha concluso Paolisso - oltre che ridurre le sofferenze dei malati e delle loro famiglie”.

mercoledì 14 marzo 2012

Largo ai "flavonoidi" della dieta mediterranea

La ricerca scientifica suggerisce i benefici per cuore e arterie di una dieta ricca di flavonoidi, composti chimici naturali di cui sono ricchi i vegetali. Ma un’indagine condotta su oltre 7.500 persone rileva che nei piatti degli italiani i flavonoidi scarseggiano: nella Penisola si beve tanto caffè ma poco tè, che rispetto alla 'tazzina' contiene concentrazioni maggiori di sostanze amiche della salute cardiovascolare. Ma la bocciatura più pesante arriva sul fronte del consumo di frutta e verdura: oggi l’alimentazione-tipo degli italiani è lontana dalle 'dosi' ideali raccomandate dagli specialisti. Da qui l’appello degli esperti: riscoprire l'"abc’ della dieta mediterranea.

Ai flavonoidi sono state riconosciute virtù antinfiammatorie e antiossidanti. In particolare, i risultati di uno studio pubblicato a inizio anno sull'American Journal of Clinical Nutrition indicano che a un alto apporto di flavonoidi nella dieta corrisponde un minore rischio di gravi malattie cardiovascolari. Partendo da questa nuova conferma, l’Osservatorio nutrizionale Grana Padano ha cercato di 'misurare' il consumo pro-capite di flavonoidi in Italia, sondando le abitudini di 7.645 over 18, 4.681 donne e 2.964 uomini. Gli alimenti mediamente più ricchi di flavonoidi - ricordano gli specialisti in una nota - sono tè, vino rosso, frutta (soprattutto gli agrumi), verdura, olio d’oliva e cioccolato.

Ebbene, dall’indagine è emerso che il tè viene consumato dal 30% circa della popolazione, più dalle femmine che dai maschi (32% contro 25,5%). Sicuramente maggiore è il consumo di caffè, bevuto regolarmente dall’80% della popolazione senza differenza tra i sessi, mentre il vino rosso è consumato dal 55% e specialmente dagli uomini (65% contro 48%). Per quanto riguarda la frutta, e in particolare gli agrumi, la mangia il 60% della popolazione. Però le porzioni consumate sembrano essere inferiori rispetto a quelle consigliate dalle linee guida: il consumo medio pro-capite stimato è di circa 250 grammi, contro un apporto ideale di 400 g (circa 3 frutti). Va ancora peggio con la verdura: il consumo pro-capite calcolato è di 175 g al giorno, lievemente superiore nelle donne, contro gli almeno 200 grammi per ogni pasto raccomandati dalle linee guida. "Ancora una volta ci troviamo a ribadire l’importanza dei capisaldi della dieta mediterranea - commenta Michela Barichella, presidente di Brain and Malnutrition Association e responsabile della Struttura semplice di dietetica e nutrizione clinica degli Istituti clinici di perfezionamento (Icp) di Milano - raccomandando il consumo di almeno una porzione di verdura a pasto e di circa 3 frutti al giorno, preferendo sempre frutta e verdura crude, fresche e di stagione. È consentito un consumo moderato di vino rosso (circa un bicchiere al giorno), di caffè (2-3 tazzine al giorno) e soprattutto di tè. Anche in questo caso, la dieta mediterranea consente un adeguato apporto di flavonoidi, importanti per la prevenzione cardiovascolare".

"È accertato che un costante e alto apporto di vegetali al naturale e di frutta fresca riduce il rischio di malattie cardiovascolari - conferma Sergio Coccheri, professore di malattie cardiovascolari all’università di Bologna - e quindi dei gravi eventi ad esse correlati: soprattutto infarto cardiaco e ictus cerebrale. Che questo effetto benefico sia da attribuire ai flavonoidi contenuti in frutta e verdura è verosimile - precisa - ma non ancora dimostrato nell’uomo: gli studi clinici hanno dato infatti risultati talora contrastanti. Questo anche perchè si sono spesso ricercati soltanto effetti eclatanti come la riduzione della mortalità, che è influenzata da molti altri fattori".

venerdì 9 marzo 2012

Movimento, dieta mediterranea e gioco mentale per l'efficienza del cervello

Attività fisica moderata e costante, dieta mediterranea e esercizi mentali. Sono questi, in ordine d'importanza, i fattori che conservando l'efficienza del cervello accrescono qualità e quantità della vita. Seguono, sempre in ordine decrescente, altri tre fattori, considerati separatamente perché di difficile definizione e misurazione. Sono: qualità del sonno, intensità dei rapporti sociali e livelli di stress cronico.

L'elenco di questi sei fattori è il frutto delle ricerche svolte sull'argomento negli ultimi anni sintetizzate da Stefano Cappa, docente di Neuroscienze Cognitive dell'Università Vita e Salute-San Raffaele di Milano, punto di riferimento della Società italiana di neurologia per questa disciplina, una delle protagoniste della Settimana mondiale del cervello, dal 12 al 18 marzo.
Rispetto al "mens sana in corpore sano" enunciato dai Romani oltre duemila anni fa non sembra un gran progresso. "Dal punto di vista pratico, non abbiamo ancora una ricetta rivoluzionaria di stili di vita salutari per la mente - commenta Cappa - Ma il lavoro sin qui svolto ha portato alcune scoperte sorprendenti, che stanno dando nuovo impulso alla ricerca sui fattori protettivi dell'efficienza mentale. Non a caso, il programma settennale di ricerca dell'Unione Europea che parte dal 2014 investirà moltissimo in questo settore della medicina. Ormai è chiaro che dalla farmacologia non arriverà una "pillola salva-memoria" mentre l'invecchiamento della popolazione moltiplica i casi di demenza che stanno portando al collasso i sistemi sanitari. Riuscire a prolungare anche di soli due anni una condizione di buona efficienza mentale porterebbe vantaggi sociali ed economici vitali".

Ed ecco cosa si sa dei sei fattori.
Attività fisica: "Bastano 30 minuti al giorno cinque volte a settimana - spiega Cappa - va bene camminare, pedalare o nuotare o qualunque altra attività, anche moderata. Si è sempre pensato che i benefici neurologici fossero la ricaduta di quelli sul sistema cardiovascolare. E invece cresce l'evidenza di un effetto protettivo dell'attività fisica direttamente sul cervello". Dieta mediterranea: anche qui la novità sta nella scoperta di un effetto diretto, non conseguente, come s'è sempre pensato, alle migliori condizioni metaboliche e cardiovascolari di chi segue questo stile alimentare. Una protezione maggiore sembra derivare da regimi alimentari simil vegetariani, con ulteriori restrizioni dei prodotti animali, zuccheri raffinati e cibi industriali, inevitabilmente ipocalorici.

Attività mentali: cruciverba, sudoku e giochini vari aiutano a rimanere lucidi. Alta scolarità e lavori intellettualmente impegnativi risultano protettivi nei confronti della demenza. Ma, a differenza dei fattori precedenti, i benefici sembrano meno duraturi. "Le ricerche dimostrano che chi si dedica ai giochi ha capacità superiori alla media nel praticarli, ma la maggiore abilità non si estende ad altre prestazioni mentali. Invece l'alta scolarità e le attività lavorative intellettuali, più che proteggere dalla demenza sembrano rinviare la data di comparsa. Probabilmente una vita intellettualmente stimolante fornisce al cervello una "riserva cognitiva" che gli consente di resistere più a lungo alla perdita di cellule nervose".

Dal 2014 inizia la sfida del progetto europeo settennale "Horizon". Conclude Cappa: "Gli effetti protettivi risultano da ricerche retrospettive, che hanno confrontato negli anziani le prestazioni mentali con il modo in cui sono sempre vissuti. Ora si vedrà se si verificheranno meno casi di demenza in soggetti che a 50 anni iniziano a seguire la dieta mediterranea e un programma di attività fisica. Se, come spero, i risultati saranno positivi, avremo la ricetta della longevità". (Arnaldo D'Amico)

sabato 3 marzo 2012

Pasticciere "pasticcia" con un nuovo dolce

E’ vero, nella piramide alimentare della Dieta Mediterranea occupano una posizione in cima, ossia se ne consiglia un uso limitato, ma i dolci ci sono, non sono banditi. Se poi quel poco di dolce a cui abbiamo diritto ha nel suo impasto olio extravergine d’oliva al posto del burro e miele al posto dello zucchero, allora sfidiamo qualunque esperto di nutrizione, meticoloso o perfezionista che sia, a non essere un po’ più tollerante e aperto su questo fronte. Ed è a questo traguardo che vuole giungere un noto pasticciere salentino.

«E’ da quando ho sentito parlare per la prima volta del nuovo progetto degli studenti dell’Istituto Costa di Lecce, i quali, attraverso il neonato brand “Dieta Med-Italiana”, hanno intenzione di far leva sull’agricoltura e sull’alimentazione per rilanciare il territorio e tutto il meridione d’Italia, che ho deciso di dare un mio personale contributo a questa splendida iniziativa. E in che modo può un pasticciere dare una mano nel diffondere i benefici salutari della dieta mediterranea italiana se non cimentandosi nella creazione di un nuovo prodotto basato quasi esclusivamente su sani e genuini prodotti locali, tipici della nostra antichissima tradizione?».

Presenta così Giovanni Venneri, artigiano dell’arte pasticcera in Alliste (Le), la sua voglia di mettersi all’opera, o meglio, di mettere “le mani in pasta” nella creazione di un nuovo dolce, con la peculiarità di avere ingredienti e caratteristiche perfettamente in linea con la sana e buona dieta mediterranea.

«Ho già effettuato alcuni esperimenti e, prova dopo prova, sento che la nascita del prodotto perfetto per la Dieta Med-Italiana è vicina, mi piacerebbe riuscire ad annunciarlo alla stampa e al pubblico in occasione del grande Festival che i giovani di Repubblica Salentina stanno organizzando a Lecce per fine maggio. La mia intenzione è quella di creare un vero e proprio prodotto novità, che abbia un suo nome, caratteristico e identificativo, e che, augurabilmente, possa piacere a consumatori e nutrizionisti così tanto da prendere piede nel resto d’Italia e all’estero come un valido esempio di un dolce che sia al tempo stesso buonissimo al gusto e, soprattutto, sano. Ovviamente il nodo principale sta nella scelta e nell’uso degli ingredienti. Al posto del burro, ad esempio, sto utilizzando olio extravergine d’oliva, non a chilometro zero, ma a “metro 100”, nel senso che viene prodotto a non più di cento metri dal mio laboratorio, ho scelto infatti l’ottimo olio prodotto dall’Azienda Agricola Adamo, uno dei più premiati del Salento. Allo zucchero sto provando a sostituire dell’ottimo miele, anch’esso prodotto a pochissima distanza da qui. E poi sto cercando di utilizzare anche altri ingredienti tipici del nostro territorio, in grado di dare a questa mia nuova “creatura” un tocco ed un gusto assolutamente innovativo, inequivocabile e “territoriale”.»

…e gli studenti della 3B del Costa?

«Siamo onorati ed orgogliosi – affermano – di questa bellissima e buonissima iniziativa, ci siamo subito proposti come “cavie” volontarie per tutti gli esperimenti di degustazione. A parte gli scherzi, questa nuova creazione del sig. Giovanni è perfettamente in linea con la nostra intenzione di far conoscere e, come in questo caso, di far scoprire al resto d’Italia e a tutto il mondo la qualità ed il gusto dei nostri prodotti naturali e della nostra cucina. Il Festival della Dieta Med-Italiana che stiamo organizzando per la fine di maggio rappresenterà un palco perfetto per presentare il nuovo prodotto dolciario, in quanto stiamo invitando tantissimi giornalisti ed esperti, italiani e stranieri. Se tutto il territorio abbracciasse e appoggiasse, in un modo o nell’altro, questa nostra nuova idea, siamo sicuri che nel giro di pochissimo tempo il Salento ed il meridione d’Italia saranno sulla bocca di tutti e, magari, “nella” bocca di tutti!»

venerdì 2 marzo 2012

L'INRAN svela le preferenze degli Italiani

L’Inran, l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, ha reso pubblici i dati relativi ai consumi, le abitudini e gli stili di vita alimentari degli italiani, che fanno parte della “Indagine nazionale sui consumi alimentari in Italia”.

Si va così a completare la seconda e terza di questa monografia dedicata al tema che si completa di informazioni socio-demografiche relative a un campione di famiglie italiane, estratte casualmente e distribuite in tutto il Paese. I partecipanti hanno dovuto compilare un diario alimentare per 3 giorni consecutivi, nonché alcuni questionari.
Con questa fase dello studio è possibile ora trovare sul sito INRAN tutti i valori di consumo, ripartiti nel dettaglio in questo modo:
  • in grammi medi giornalieri (g/die) e in grammi medi giornalieri per chilogrammo di peso corporeo (g/kg pc/die,);
  • per campione totale e per soli consumatori;
  • per sesso e per  classe di età
  • in termini di 15 gruppi, 51 sottogruppi alimentari e di 266 alimenti.
Oltre ai questi dati, è possibile avere accesso a quelli relativi alle caratteristiche del campione oggetto di studio, ai luoghi di consumo (casa e fuori casa), alle occasioni di consumo e alla ripartizione energetica giornaliera dei pasti.

Vediamo ora un sunto dei dati più curiosi emersi dall’indagine.

Il pasto più importante e il luogo
E’ sempre il pranzo, il pasto più amato dagli italiani, che fornisce la maggior parte dell’energia giornaliera, circa il 43% circa, contro il 38% della cena,  l’11 % della colazione e l’8% degli spuntini. Inoltre, è ancora la casa il luogo abituale in cui si mangia.

Gli alimenti più consumati di alcuni gruppi alimentari (in media dal campione totale)
Acqua e bevande non alcoliche: a parte l’acqua (minerale 452 g/die e di rubinetto 196 g/die), è il caffè a fare la parte del leone (81 g/die), poi, a notevole distanza, il tè (27 g/die). Quindi, le  bevande a base di cola (19 g/die), i succhi di frutta alla pera, pesca, mela e albicocche (16 g/die), infine i succhi di frutta di altri tipi (11 g/die).

Bevande alcoliche: il preferito è il vino rosso (50 g/die) seguito dalla birra (25 g/die) e dal vino bianco (14g/die).

Carne, insaccati e sostituti della carne: resta ancora saldamente in vetta la carne di bovino (43 g/die), seguita a distanza dalla carne di pollame (21 g/die) e dalla carne di suino (19 g/die, esclusi gli affettati).

Pesce e frutti di mare: il merluzzo (8 g/die) è risultato il più consumato, al secondo posto il tonno in scatola a parità con i crostacei (4 g/die), mentre al terzo si regista un pareggio tra  calamaro e sogliola (3 g/die).

Derivati del latte: è la mozzarella di mucca a trionfare (23 g/die), seguita dagli yogurt alla frutta (10 g/die), da quello bianco (7 g/die) e dal parmigiano (7 g/die). Mozzarella di bufala e caciotte (e simili) rincorrono, ma con valori inferiori (rispettivamente 4 g/die e 3 g/die).

Cereali e prodotti da forno: il pane di frumento è sovrano incontrastato (94 g/die). Solo al secondo posto, a distanza, l’icona della cucina nazionale, la pasta di semola (50 g/die).

Frutta: è la mela il frutto per eccellenza sulle tavole degli italiani (59 g/die), seguito dall’arancia (30 g/die).

Verdura: escludendo i pomodori crudi e la conserva di pomodori (utilizzati anche come ingredienti di molte ricette standard) troviamo la lattuga (17 g/die) tallonata dalle zucchine (14 g/die) con subito dietro le carote (10g/die).