In Spagna e Grecia, ma soprattutto in Italia, se ne sentono spesso
decantare le lodi, ma da oggi c’è anche uno studio che lo dimostra: la
dieta mediterranea fa bene a fisico, cuore e cervello. Se fatta con
criterio, infatti, la dieta potrebbe non incidere solo su salute
cardiaca e girovita, ma anche al cervello. In particolare, uno studio
spagnolo della clinica ospedaliera dell'Institut d'investigacions
Biomèdiques August Pi i Sunyer (Idibaps) di Barcellona, dimostra come
nella popolazione di anziani ad alto rischio cardiovascolare, consumare
alimenti come olio extravergine, vino rosso, noci, nocciole e caffè
possa aiutare a ridurre il rischio di insorgenza di demenza o Alzheimer e
a migliorare sia memoria che capacità cognitive. La ricerca è stata
pubblicata sul Journal of Alzheimer’s Disease.
Sono i polifenoli contenuti in queste sostanze, spiegano
i medici della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg), a
far bene al nostro sistema nervoso. Grazie ad essi e alla giusta dieta,
spiegano gli esperti, si potrebbero ridurre gli enormi costi correlati
all'Alzheimer, che nel nostro Paese riguarda oltre il 3.5% della
popolazione con un numero di casi attesi annui di circa 500mila casi e
che hanno un costo annuo di oltre 30 miliardi di euro fra costi sociali
e sanitari.
Lo studio condotto dai ricercatori spagnoli si chiama PREDIMED
(PREvencion con DIeta MEDiterranea), ed ha visto un campione di circa
450 uomini e donne fra i 55 e gli 80 anni, tutti ad alto rischio
cardiovascolare. Per valutare la possibilità di insorgenza di demenza,
il rischio cardiaco e l’associazione con la dieta i medici si sono
concentrati nell’analizzare i livelli di espressione della
apolipoproteina E, una proteina che trasporta il colesterolo e che
spesso si associa a un maggior rischio di Alzheimer. In seguito, gli
scienziati hanno osservato quali alimenti venivano prevalentemente
consumati dai partecipanti, nonché il livello di polifenoli nelle urine.
Tutti questi dati sono infine stati correlati ai risultati ottenuti in
alcuni test neuropsicologici di valutazione della memoria e delle
capacità cognitive.
E da lì è arrivato il risultato, finalmente ufficiale, che la dieta
mediterranea fa bene. “Alcuni cibi sono risultati associati a una
migliore funzionalità cognitiva”, ha spiegato Giuseppe Paolisso,
presidente Sigg. “Un paio di cucchiai di olio di oliva al giorno
migliorano la memoria verbale e quella a lungo termine; due /tre tazzine
di caffè al giorno si associano a un incremento della capacità di
immagazzinare ricordi nel lungo periodo; un pugno di noci, nocciole o
altra frutta secca migliorano la memoria di lavoro, mentre il consumo di
una modica quantità di vino rosso al giorno è correlato a punteggi
migliori ottenuti nel test chiamato Mini-Mental State Examination, molto
attendibile nel determinare il grado di un eventuale deficit cognitivo e
la progressione in condizioni di demenza”.
Ecco dunque: gli alimenti che fanno parte della dieta
mediterranea, presi singolarmente o insieme, possono ridurre il rischio
di andare incontro a deficit cognitivo e Alzheimer.
“Questo in gran parte è dovuto agli effetti antiossidanti dei
polifenoli contenuti in olio, caffè, vino e frutta secca”, ha continuato
Paolisso. I ricercatori sanno infatti che i processi di ossidazione
cellulare giocano un ruolo rilevante nel declino cognitivo correlato
all'età: cibi ricchi di antiossidanti possono perciò prevenire o almeno
ridurre il deterioramento legato all'invecchiamento. “Il modello
alimentare mediterraneo, che prevede un largo consumo di cereali,
legumi, frutta e verdura, fornisce grandi quantità di composti
antiossidanti e da tempo viene considerato prezioso per ridurre il
rischio di deficit cognitivo”, ha detto il medico. “Questi dati indicano
che probabilmente, seguendo una corretta dieta mediterranea che preveda
un introito giornaliero di circa 1500 calorie nel paziente anziano,
potremmo ridurre l'incidenza di declino cognitivo e demenza negli
anziani, diminuendo anche le enormi spese che gravano sul Sistema
Sanitario per la cura e l'assistenza di questi soggetti”. I pazienti
affetti da una patologia neurodegenerativa come l’Alzheimer costano allo
stato ogni anno circa 50.000 euro l’uno, per un totale di oltre 30
miliardi di euro spesi annualmente: “Se riuscissimo a prevenire anche
una piccola percentuale di casi potremmo realizzare grossi risparmi
economici – ha concluso Paolisso - oltre che ridurre le sofferenze dei
malati e delle loro famiglie”.
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